Confesso

Confesso

Febbraio 21, 2021 Off Di Parrocchia SS. Anna e Gioacchino

Alcune celebrazioni liturgiche, per esempio la messa o la preghiera di compieta alla fine della giornata, iniziano con il cosiddetto “atto penitenziale“. Si tratta di un momento di silenzio e di interiorizzazione in cui i fedeli esaminano la loro vita e riconoscono la loro condizione di peccato, proprio come condizione e atteggiamento personale “per celebrare degnamente i sacri misteri“.

È, in un certo senso, un’evocazione della famosa parabola del fariseo e dell’esattore delle tasse raccontata da Gesù (Lc 18,9-14).

Parabola del fariseo e del pubblicano.

9Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Entrambi andavano al tempio per presentarsi davanti a Dio e pregare Dio. Entrambi cercavano lo stesso obiettivo, ma con atteggiamenti diversi. Il fariseo si presentò davanti a Dio orgoglioso e arrogante, pieno di sé, egolatra.

Il pubblicano, invece, che era già considerato un peccatore da coloro che lo circondavano, riconosce anche dentro di sé di non essere perfetto, di aver peccato e di non essere degno di presentarsi davanti all’unico Santo, Dio dell’universo.

Tuttavia, Gesù loda l’atteggiamento umile dell’uomo pubblicano, perché si presenta “in verità” davanti a Dio; e respinge l’atteggiamento ipocrita del fariseo, perché confida solo in se stesso.


Questo riferimento biblico ci aiuta a capire perché la liturgia ci invita a prepararci adeguatamente prima di celebrare i sacri misteri della nostra fede cristiana. Dopo un breve momento di silenzio in cui esaminiamo la nostra condotta, siamo invitati a proclamare esteriormente ciò che viviamo interiormente.

Questo è ciò che rispecchiano varie formule liturgiche come “Pietà di noi, Signore, contro di te abbiamo peccato. Mostraci, Signore la tua misericordia e donaci la tua salvezza” o il triplice “Kyrie, eleison”, che significa “Signore, pietà”.


Ma vorrei soffermarmi su un’altra delle formule, forse la più usata, ma non so se è la più conosciuta nel suo contenuto. Mi riferisco al testo che inizia: “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle”. Confessare significa dichiarare solennemente in pubblico. E che cos’è che ognuno dei fedeli vuole dichiarare solennemente in pubblico? Ho peccato”, anzi “ho molto peccato”.

È la prima dichiarazione che ogni fedele fa quando si unisce ai fratelli nell’assemblea liturgica e prima di iniziare la preghiera: Ho peccato. È lo stesso atteggiamento lodato da Cristo nell’esempio del pubblicano. Inoltre, riconosciamo di aver peccato “in pensieri, parole, opere e omissioni”, cioè, ho pensato e giudicato male del prossimo, e tutto quello che si pensa nella mente normalmente esce dalla bocca: critiche, bugie, calunnie, insulti… Inoltre, non solo pensieri e parole, ma anche azioni: ciò che abbiamo fatto male, e omissioni, ciò che non abbiamo fatto e avremmo dovuto fare.

Queste parole sono accompagnate dal battere il petto, che ricorda l’atteggiamento di rammarico e di dolore della persona pentita. 


Proprio perché mi sento peccatore ma anche pentito, imploro l’aiuto dei santi e dei fratelli presenti, di “pregare per me il Signore Dio nostro”. Confidiamo nell’intercessione della Chiesa terrena e celeste per ottenere la misericordia di Dio e disporci a una vita nuova.

Non dimentichiamo che chiunque si prepari a celebrare la liturgia deve iniziare con un atteggiamento umile, riconoscere sinceramente la propria verità davanti a Dio e ai fratelli, chiedere l’aiuto della Chiesa e la forza di Dio per vivere con fede i santi misteri della nostra fede.

Don Aurelio García